Nel praticare gli esercizi di presenza mi sono spesso sentito come un “robot”. Diventare consapevole dei gesti, degli atti che si fanno quotidianamente per me significa anche rallentare, distaccarsi dagli input esterni. Rendersi conto di essere una “macchina” che dorme e cominciare a riprenderne il controllo pezzo per pezzo.
Devo prima accettare il fatto di essere un robot e non (ancora) un umano.
Poi comincio ad applicare l’auto-osservazione a questo robot, che poco alla volta si sforza di svegliarsi dalla sua meccanicità.
Devo prima diventare un robot consapevole per destrutturare il comportamento dell’umano automatico.
Ho sempre creduto di essere umano ma mi sbagliavo. Non lo ero ancora. Per diventare umani, o “normali”, bisogna prima rendersi conto di essere dei robot, delle macchine biologiche.
I Daft Punk (Thomas Bangalter e Guy-Manuel de Homem-Christo) sono (stati) un duo francese di musica elettronica, famosi in tutto il mondo per brani come “Around The World”, “Da Funk”, “One More Time”, “Get Lucky”, e per i loro caratteristici caschi da robot che hanno cominciato ad indossare intorno all’uscita del loro secondo album.
L’intera loro carriera è una grande metafora di questo processo di trasformazione alchemica. Il loro percorso artistico tocca passo per passo questo viaggio di trasmutazione della meccanicità raccontato attraverso la musica che creano e i messaggi che vengono veicolati attraverso i testi, le immagini e le storie che la accompagnano.
Il primo album, Homework, pubblicato nel 1997, è uno degli album più influenti della musica elettronica degli ultimi 30 anni. I Daft Punk ottengono un successo mondiale partendo dalla cameretta di casa, seppur supportati da famiglie benestanti e già inserite nel business musicale.
Realizzano un album visionario ed unico, frutto della tecnologia elettronica, sintetizzatori, campionatori e drum machine. I ritmi sono ripetitivi, ipnotici e proprio meccanici, combinando musica house, techno, ed electro in un mix unico nel suo genere. Le poche parti cantate sono fredde e robotiche. E’ il momento del successo. Il mondo applaude.
Il secondo album, Discovery, è già un’opera molto consapevole di alcuni meccanismi, in questo caso quelli dello show-business. Nato anche come colonna sonora per il film animato Interstella 5555 (co-diretto dal creatore di Galaxy Express e Capitan Harlock), racconta attraverso una storia (apparentemente) di fantascienza i lati oscuri dell’industria musicale, e più in generale delle insidie in cui purtroppo incappano spesso giovani artisti inesperti in cerca di fortuna.
Sfruttamento, spersonalizzazione, produzione di massa e vendita dell’anima al diavolo. Il duo, seppur ancora giovane, è già disilluso dal mondo luccicante dello spettacolo. Usano sempre un suono tecnologico, ma stavolta si aprono anche alla melodia nelle parti cantate, e ai suoni più caldi e pop degli anni ’70 e ’80. La meccanicità comincia a mettersi al servizio delle emozioni.
Nello stesso periodo i 2 musicisti “diventano dei robots” per un malfunzionamento delle attrezzature del loro studio, a quanto raccontano.
D’ora in poi si mostreranno in pubblico soltanto con i volti coperti da ingombranti maschere robotiche.
Dopo il successo dei primi due album, Il terzo “Human After All” è un’ammissione del fatto che anche loro “sono umani”, nel senso di essere imperfetti. Realizzato in poco tempo e in maniera spartana, nella sua crudezza rock è precursore di una tendenza più sporca e ribelle che dominerà il mondo della musica elettronica degli anni successivi.
Il loro voler indicare il futuro e segnare i tempi della musica album dopo album non viene smentito neanche in questa occasione, anche se però non ottiene lo stesso successo dei precedenti.
Con il rock ed un suono scuro e sporco i robot cominciano a distaccarsi da quell’aura di perfezione e precisione digitale che avevano accuratamente confezionato negli album precedenti. I robot si stanno ribellando.
Stanno cominciando a svegliarsi. La tecnologia assume con Technologic i connotati distorti ed oscuri di una celebrazione tecnocratica di massa. Vengono a galla tutte le emozioni brutte e fastidiose. La rabbia, il disincanto, la pesantezza, l’ossessione, la depressione. Nigredo.
Poi esce il secondo film del duo, “Electroma”. La colonna sonora non contiene nessun brano dei Daft Punk, e questa è già una scelta coraggiosa.
Nel film i 2 si rendono conto di vivere in un mondo di robot, e decidono di ribellarsi e di diventare umani. Si fanno costruire delle teste finte (con i loro veri volti) sopra i caschi, ma vengono subito malvisti dagli altri per il loro bizzarro tentativo di emancipazione.
Dopo il fallimento dell’impresa, vagheranno nel deserto scoprendo l’amara realtà del loro essere macchine, e optando per l’autodistruzione. Il tentativo di diventare umani del film nasconde uno slancio romantico che non ci aspetterebbe da dei robots. La colonna sonora non è per niente elettronica, a sottolineare il fatto che il successo dei loro album precedenti, realizzati con questo stile, non è più in sintonia con la loro necessità di comunicare temi più profondi ed universali, di ricerca ed emancipazione della propria reale natura.
La scena finale del film ci lascia con l’accensione del fuoco alchemico. Il robot, resosi conto di non poter far nulla contro la sua natura artificiale, la sacrifica sull’altare del cuore, che arde della fiamma purificatrice e divampa in tutto il corpo.
Qualche mese dopo il 21 Dicembre 2012, esce il quarto album, “Random Access Memory”. E’ l’album dove la musica, o tutto l’universo musicale del duo concorre a creare un opera emozionale. I due robots scelgono di lavorare soltanto con dei musicisti reali e strumentazione analogica, registrando la loro musica negli studi più prestigiosi del mondo.
Il loro viaggio per ritornare umani passa attraverso il rifiuto della tecnologia digitale ed elettronica, quella stessa che aveva donato loro fama e successo agli inizi della loro carriera. I due robots si sforzano di evocare emozioni umane attraverso modulazioni vocali raffinate e i suoni caldi di chitarristi, bassisti e batteristi in carne ed ossa. Producono una raccolta di “memorie ad accesso casuale”.
Come la fine del calendario Maya prelude alla fine di un tempo, quello lineare ed annuncia l’ingresso nel tempo radiale, ciclico della quarta dimensione, queste musiche emergono dal nostro passato (quando la musica si suonava veramente) per connetterci al nostro futuro (dove la musica è il ricordo della vibrazione del cuore che risuona nell’anima).
Il 2013 scandisce la fine del grande ciclo del calendario Maya, e anche i Daft Punk, con il loro ultimo album R.A.M. Chiudono la loro carriera in maniera esemplare.
I robot rinnegano la tecnologia e finalmente abbracciano l’emozione umana. Uno strumento di catarsi emotiva estremamente raffinato viene giudicato dai fan della prima ora come un banale revival di musica anni 70-80. Il riferimento è sempre il primo album.
Non capiscono che I Daft Punk nel frattempo hanno esplorato in lungo e in largo la natura dell’essere umano, attraverso un processo alchemico di trasformazione del piombo in oro.
Il piombo della meccanicità, dei beat ripetitivi e delle voci inespressive è diventato l’oro della canzone che tocca il cuore in maniera sottile ma profonda. Le canzoni dal gusto retrò di R.A.M. In realtà sono dei veri distillati alchemici, densi di questa opera di trasmutazione attuata dai 2 robot, e condivisa a beneficio dell’umanità intera.
Random Access Memories mi ha aiutato molto in un momento molto delicato, una fase di trasformazione personale a cui ha fatto da colonna sonora.
Avevo capito fin da quando era uscito che R.A.M. Sarebbe stato l’ultimo album dei Daft Punk. Avevano detto tutto quello che dovevano dire sulla trasmutazione da robot ad umani. Non c’era altro da aggiungere.
Ed infatti, a dimostrazione dell’acquisita umanità dei due automi, dopo qualche anno è arrivato l’annuncio dello scioglimento della band. Se il messaggio è stato consegnato, allora la missione è conclusa.
Come avevano raccontato i Daft Punk, anch’io avevo seguito una parabola di “disintossicazione musicale”. Ero passato dalla musica elettronica ripetitiva, aggressiva, pesante, alla musica più calda e su misura d’uomo degli anni 70 e 80. E quindi mi hanno accompagnato in questo viaggio di trasformazione.
Tra il 2013 e il 2023 però sono ricaduto sempre più verso la musica sintetica, riscoprendomi di nuovo disumanizzato da suoni elettronici artificiali, senza accorgermene. Il beat ed il ritmo era tornato di nuovo martellante e ripetitivo.
Mi ero allontanato di nuovo dalla presenza del cuore, ed avevo bisogno di emulare il ritmo della vita attraverso il battito scandito in maniera meccanica. Ma in realtà era la mente che usurpava il posto che spettava al cuore. Mi ero alienato di nuovo in un mondo di euforia mentale.
Poi però ho riscoperto il calore della musica suonata. Il beat meccanico della drum machine cominciò timidamente a lasciare spazio anche al battito profondo del tamburo e delle percussioni. Cominciai timidamente a varcare la soglia di una dimensione fluida, naturale, terrena, pulsante, morbida, curativa.
Mi ammorbidii. Poco a poco persi la necessità del ritmo ipnotico che accompagnava ogni mio viaggio musicale.
Ricominciai a suonare la chitarra, che era rimasta ferma per molti anni, ed iniziai persino a cantare.
“Perché esiste la musica? Per ricordarci il ritmo del cuore.
Meno sentiamo il cuore e più la musica deve essere esplicita. Per questo esistono la techno, la dubstep, fino ad arrivare alla trance dance. Generi che hanno bassi molto accentuati che riCordano il battito del cuore.”
Fabio Pietro Iacontino in un post molto interessante parla del rapporto tra musica e coscienza:
“La ragione principale dell’esistenza della Musica è essenzialmente quella di riconnetterci al Sacro, attraverso il ricordo del Cuore.”
“Questa riconnessione avviene tramite l’emulazione del Ritmo Cardiaco, che a volte viene espresso direttamente e in maniera esplicita – vedi il suono della batteria o l’utilizzo dei bassi – ma molte volte si esprime in maniera indiretta – come nella classica e nei canti gregoriani.”
“Meno una persona – o un popolo – è in contatto con il Sacro e con il Ritmo del proprio Cuore e più il ritmo della musica deve essere esplicito.”
“Per questo oggi esistono innumerevoli generi di musica che utilizzano la batteria e numerosissime sfumature di techno, genere che si basa sui bassi.”
“Se invece il contatto con il Ritmo del Cuore e con il Sacro è già consolidato, l’individuo – o il genere umano – non ha più bisogno di ritmi e generi grezzi e così espliciti, poiché è già abituato a sentire il ritmo del proprio Cuore e di conseguenza realizzare la Sacralità fondamentale, intrinsecamente presente all’interno di ogni melodia.”
“Non è un caso il fatto che i più giovani – se non per rare eccezioni – non sono interessati ai canti gregoriani o alla musica classica ma preferiscono girare per il centro della città con la musica da disco a palla.”
E poi i Daft Punk vollero ribadire lo stesso concetto a modo loro.
Nel 2023, in occasione del 10 anniversario di Random Access Memories, uscì una nuova versione dell’album, la Drumless Edition. Un album cioé senza batteria e percussioni, senza il beat. Un’album dalla copertina bianca, trasfigurata. Un album leggero, melodico, dove tutto quello che rimaneva era appunto l’emozione.
Quella fu la risposta definitiva di cui avevo bisogno. La trasmutazione alchemica passa attraverso l’apertura del cuore, e non con il pulsare incessante della mente.
E questa nuova versione dell’album del duo, che sembra quasi un’opera di musica classica o sacra, parla il linguaggio della trasmutazione che li ha accompagnati durante la loro carriera.
L’ultimo album di Thomas Bangalter da solista è la colonna sonora di un balletto realizzata in maniera tradizionale, con l’orchestra e senza nessun apporto elettronico.
Anche le copertine degli album ci raccontano il percorso di trasmutazione dall’ipnosi della meccanicità all’elevazione del cuore: dal nero dei 4 album originali alla purezza del bianco di R.A.M. Drumless Edition.
Non c’è più bisogno di emulare il battito del cuore attraverso le percussioni e i bassi potenti. Ora lo sentiamo finalmente pulsare dentro di noi, e la musica che l’accompagna vibra alla stessa frequenza.
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Paolo Adel Danese
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