Come conciliare lo stare nel qui ed ora, con un obiettivo proiettato nel futuro?
Spesso sentiamo parlare di vivere nel presente. Ma com’è che riusciamo poi a costruire, modellare la nostra vita se non proiettiamo intenzioni, progetti, visioni, azioni concrete nel futuro, che secondo i grandi saggi, come il passato, in realtà non esiste?
Io ho sempre avuto problemi con le agende e la pianificazione del tempo.
Il mio insegnante di Reiki, una volta, chiese al gruppo dei presenti se usassero il calendario o l’agenda per pianificare la loro vita. Bene o male tutti risposero affermativamente. Io dentro di me mi sentivo la pecora nera, ma ho preso la parola e detto che io no, non lo facevo. Mi ha risposto: “Bravo!”
Sono rimasto un po’ interdetto, e lo sono ancora. Perché il fatto di non pianificare l’ho sempre vissuto come una debolezza, più che come una virtù.
Un agenda piena, fitta di impegni ed orari mi fa paura.
Certo, da una parte c’è la libertà. Ma dall’altra c’è una forma di inerzia che fa dipendere quello che ti succede nella vita, non da quello che tu programmi, ma da quello che ti arriva spontaneamente e senza fare la fatica di andartelo a prendere.
Il cosiddetto stare nel flusso. Non è che in realtà significhi “non ho la forza, la volontà o il coraggio di muovere le mie pedine sullo scacchiere della vita in divenire, che è il futuro, perciò lascio che lo faccia qualcun’altro al posto mio?
Sono domande che mi sono spesso posto e che continuo a pormi.
C’è un modo per conciliare il vivere nel momento e il creare costruttivamente la propria dimensione di vita?
Il futuro non è altro che la terra su cui piantiamo i nostri semi (in forma di intenzioni, idee, propositi, obiettivi, traguardi).
Quali semi lanciamo dipende da chi fa il contadino. Se è l’Anima a guidare la semina, allora la mente si occuperà di ciò che sa fare meglio, cioè strutturare, misurare, quantificare, pianificare una strategia per portare il processo creativo dall’idea al progetto concreto.
Perché come abbiamo già detto in un post precedente, la mente non esiste. E se anche il futuro non esiste, allora quello è il territorio in cui la mente eccelle!
Però se non c’è l’Anima a guidare la mano che semina, la mente si occuperà di tutto, prendendo spunto dai meccanismi e dalle abitudini che conosce già, riproponendo i loop e le dinamiche già note.
Quello che possiamo fare, ora, in prospettiva dell’evento futuro è di sentire, sentirci già nella presenza totale con tutte le nostre fibre, con tutto il nostro Essere, come se stessimo già vivendo in quello stato.
Nel caso dell’Evento, non è ancora ben chiaro cosa il mondo raccoglierà quel giorno.
Ma noi abbiamo deciso di piantare il seme della presenza, ora, con l’intento che metta radici e che il 26 Agosto 2026 sia diventato nel frattempo una bella piantina rigogliosa.
La presenza è la cosa più importante che possiamo coltivare qui, ora.
E’ il tassello fondamentale per raggiungere quello stato della coscienza che viene denominato Risveglio.
Con tutti i contrasti, le difficoltà e le sfide che affrontiamo ogni giorno, non resta molto tempo per guardarsi allo specchio e chiedersi: Io chi sono? Esisto veramente? Mi sento esistere? Cosa sto facendo per sentirmi vivo ogni giorno un poco di più?
Ecco, se vogliamo dare una definizione alla “presenza”, dovremmo soffermarci sul semplice atto di auto-osservarci.
Guardare verso di sé, invece che fuori di sé. Sentire di esserci, di esistere, prima di proiettarci nella realtà che sta fuori di noi, nella dimenticanza di noi stessi.
Il grosso problema è che ci identifichiamo con tutto ciò da cui i nostri sensi vengono attirati. Crediamo di sentirci vivi quando il nostro corpo reagisce a qualcosa di esterno, al punto da farci diventare letteralmente quella cosa.
Ci identifichiamo con le emozioni che ci abitano. Crediamo di sentirci vivi perché ci emozioniamo talmente tanto da arrivare a “perdere la testa”.
Ci identifichiamo con le idee e i pensieri che prendono forma nella nostra mente. Progetti falliscono e vengono dimenticati con la stessa rapidità con cui riceviamo le idee che li generano.
Il mondo fuori è uno spacciatore di droga per i nostri sensi che ci allieta, ci irrita, ci calma, ci fa perdere il controllo, ci fa odiare, amare, tirandoci da tutte le parti senza mai darci tregua.
E la testa ama metterci del suo e complicare ancora di più il tutto.
Tu vivi o credi di vivere?
Guardati intorno.
Il mondo è pieno di morti che credono di essere vivi.
Tu lo senti che esisti?
Dove sta il tuo centro, il tuo Essere, il tuo vero “Io”.
Chi dice “Io”, quando le tue labbra iniziano a pronunciare una frase?
Chi guarda fuori dagli occhi-finestre e rimane ammaliato e sgomento dal mondo, che un giorno ti fa innamorare e l’altro impazzire?
Dobbiamo cominciare ora, subito, ad osservarci esistere.
La mente diventa ciò che pensa, e di conseguenza, se ci identifichiamo con la mente, noi diventiamo ciò che pensiamo. E non possiamo fare altrimenti, perché fino ad ora siamo stati abituati così.
Aspetta un attimo, io ho anche un corpo, c’è dell’altro, non sono mica solo una testa…
Ma quando pensi, ti accorgi di avere un corpo? Sei consapevole della posizione che mantieni nello spazio quando la mente ti trascina nel suo flusso incessante di considerazioni, preoccupazioni, collegamenti casuali, giudizi, insinuazioni?
No.
Come può la mente giocarci questo brutto tiro?
Lo fa perché semplicemente non esiste.
La mente ci allontana dalla Vita ogni qualvolta le permettiamo di correre a briglie sciolte. E questo accade un numero incalcolabile di volte ogni giorno, ora, minuto, secondo.
E in verità quando ci sembra di vivere, di emozionarci, di essere nell’azione, che ci sembra di non pensare, perché magari siamo impegnati in qualcosa che ci appassiona e ci stimola talmente tanto che ci sembra che la testa si spenga….
Non ci siamo neppure lì. No, perché passiamo dall’identificarci con il pensiero ad un’altra forma di identificazione, le emozioni.
Ci siamo, siamo presenti? Magari ci sembra di essere più vivi, più euforici, ma è un qualcosa fuori che ci attrae come dei magneti e ci fa vibrare ad alta intensità finché ne siamo agganciati, e che poi ci fa cadere a terra quando non ce l’abbiamo più a disposizione, con tutte le conseguenze emotive del caso.
Dov’eravamo in quegli attimi di intensità emotiva? Cos’eravamo?
E’ come con i walkie talkie con cui giocavamo da piccoli. O parli o ascolti.
O ascolti la mente (e ti isoli dalla percezione del mondo), o ascolti il mondo (e ti allontani dalla percezione di te stesso, identificandoti con quello che entra in risonanza positiva o negativa con te là fuori).
Finché viviamo in stand-by, funzioniamo così. Finché non ci identifichiamo con il nostro Essere, la nostra Anima, la mente ne usurpa il trono che dovrebbe occupare di diritto, ma siccome la mente non esiste, ogni qualvolta la ascoltiamo, ci identifichiamo con essa e smettiamo di esistere pure noi!
La mente è irreale. Il mondo esteriore è irreale (nella misura in cui è il prodotto delle proiezioni di una mente altrettanto non reale).
Il corpo è reale. E la presenza passa necessariamente dall’osservazione di ciò che di vero possediamo.
Finché non si prende consapevolezza di esserci, di esistere, non si vive veramente.
E’ una cosa difficile da mettere in pratica. Ma è la cosa più importante che possiamo iniziare a fare ora, se vogliamo essere pronti, vigili per l’Evento che verrà.
La cosa più importante che possiamo fare per prepararci, è di cominciare ad accorgerci di esistere.
Di essere qui, ora, con un apparato psicofisico che agisce ancora in maniera automatica.
Con la mente che sfrutta le debolezze del corpo per manipolarci, ricattarci, fare i capricci. Proprio non ne vuole sapere di sottostare alla nostra volontà di Anime immortali.
Il corpo si stanca, si ammala, desidera, si attacca a dipendenze di ogni tipo.
Ci sono infiniti modi con cui il corpo e la mente ci distraggono dallo stato che dovrebbe essere naturale, che è quello di essere presenti a noi stessi, qui, ora.
Ti sei mai osservato allo specchio senza lo specchio?
Devi percepire di esistere, tutto qua. E non puoi farlo mentre pensi, perché la mente non esiste. Se ti identifichi con la mente, ti identifichi con qualcosa che non esiste.
Assurdo vero? Ma è proprio così.
Non la puoi sentire la mente. La senti parlare, ma non la puoi sentire esistere. C’è, ma non la percepisci.
Ogni volta che la mente pensa, è come se la realtà andasse in stand-by.
Se sei uno che pensa continuamente, stai passando la maggior parte del tempo ad ascoltare e a farti guidare da una cosa che non esiste.
Ma allora cosa significa accorgersi di esistere?
Vuol dire rendersi conto di avere un corpo fisico che interagisce con un mondo altrettanto fisico. (che in realtà il mondo fisico sia fatto di energia e vibrazione è un’altro paio di maniche. La consapevolezza corporea di esserci necessariamente ti richiede di sospendere l’idea che la materia sia un illusione. In poche parole, devi “credere” nell’illusione quel tanto che serve per poterla trascendere.
Il corpo fisico è la nostra “messa a terra” nella dimensione materiale. Quello che siamo aldilà della dimensione materiale fa fatica ad esprimersi in modo efficace finché questa nostra messa a terra, il nostro corpo fisico, si ribella alla volontà dell’Anima e non agisce in accordo con essa.
Tutto ciò che l’Anima può fare all’inizio per recuperare il dominio, è farsi strada tra gli impulsi del corpo e il dialogo incessante della mente e posizionarsi nel mezzo come osservatore silenzioso.
Questo attiva un circuito, che all’inizio è debole, faticoso da mantenere anche solo per qualche istante, ma dopo che inizia a diventare una forma di consapevolezza corporea, provoca una rivitalizzazione, una riconnessione alla fonte energetica della Vita, attraverso il cuore.
La presenza, messa in atto dall’osservatore silenzioso – l’Anima – è la parte mancante del circuito.
Finché manca questa componente, è come se il circuito funzionasse in modalità stand-by. “Come se” funzionasse.
Una volta inserito il vecchio-nuovo componente, il sistema inizia a brillare veramente per la prima volta. Comincia ad emettere luce, energia, calore invece di doverla assorbire da fuori. Non è più una lampadina attaccata in serie ad una batteria.
No, è una lampadina che produce energia in maniera autonoma, perché è collegata direttamente alla fonte, alla Vita. Non ha bisogno di collegamenti, cavi, batterie, trasformatori, centrali. Anzi, produce persino energia in eccesso che può donare e condividere con gli altri, o utilizzare per concretizzare nel mondo progetti nuovi ed ispirati.
C’è molto di più del mondo fisico, è vero, ma all’atto pratico in questo momento è più urgente il sentirsi esistere qui, nella materia.
Finché c’è un mondo fisico, noi abbiamo un corpo fisico, che ci serve per essere ed agire a questo livello di realtà.
Se sbilanciamo la nostra attenzione, il nostro focus verso il mondo immateriale, l’aldilà, non facciamo altro che rimandare il momento in cui ci verrà richiesto di diventare presenti e consapevoli anche nell’aldiquà, magari complicandoci ulteriormente la vita in uno spazio-tempo più stressante di quello attuale. Meglio di no!
E se non iniziamo a mettere in pratica lo sforzo in un momento di calma relativa, sarà molto più difficile farlo nel pieno della tempesta.
E’ una cosa che dobbiamo fare ORA. E’ una cosa che dobbiamo fare prima di tutto il resto.
E’ LA priorità.