Steady Cam

L'evento

Il mondo ci sta abituando ad una percezione sempre più frammentata.
Non siamo più abituati a vedere la realtà come uno flusso continuo.

Lontano dagli stimoli non-stop dei social network, posando lo sguardo su qualcosa di semplice e gratificante, a volte vorrei non dover sbattere le palpebre per non interrompere la piacevolezza di una percezione continua e senza interruzioni.

E’ in quel momento che sento il corpo venire dolcemente ravvivato da quella che sembra un’energia, un senso di realtà che mi nutre in maniera delicata ma via via sempre più vivificante ed intensa.
Nella contemplazione ci nutriamo delle impressioni che emergono da un’attenzione posata sufficientemente a lungo sul soggetto che ispira in noi sensazioni, impressioni e sentimenti che vanno oltre il consueto.

Comunque è certamente più facile stare in presenza contemplando un bel panorama naturale sul terrazzo di casa che facendo a calci e pugni durante una scazzottata al bar in stile Bud Spencer & Terence Hill…!

Il film girato con un unico piano sequenza è secondo me quello che in campo cinematografico si avvicina di più al principio dell’osservare in presenza.
Come ad esempio Birdman di Alejandro Gonzàles Inarritu, o “Nodo alla Gola” di Alfred Hitchcock, dove sembra che il film sia stato girato senza interruzioni né montaggio.


Tecnicamente non è proprio così, alcune sequenze molto lunghe vengono successivamente montate dando l’illusione della continuità, ma la percezione dello spettatore e’ quella di un’unica, lunghissima scena.

Immagina invece una sequenza con un montaggio serrato, ad esempio in un film d’azione. Ti risucchia all’interno di una centrifuga in cui ogni stimolo ti sbalza di qua e di là, percettivamente ed emotivamente.

Ma ogni piccolo spezzone in verità ha poca intensità, perché non c’è il tempo necessario affinché tu lo possa “assorbire” in profondità, con attenzione.

L’unica intensità che arriva in verità è il ritmo frenetico e martellante del montaggio, che analogicamente rappresenta la mente.

Non riesci ad immergerti veramente nella scena, nell’ambiente rappresentato, perché la continuità della presenza viene continuamente spezzata dal montaggio compulsivo.

Proprio come fa la mente. Collega cose apparentemente casuali, salta di palo in frasca, snocciola serie e ripetizioni infinite di pensieri con un ritmo ossessivo.

La mente gira quel tipo di film che “ti tiene sveglio la notte”.

Prova ora invece a visualizzare una scena statica, tranquilla, o un piano sequenza molto lento.

E’ pura contemplazione. Riesci ad entrare dentro il film, nello spazio, attivando la parte destra del cervello, quella dello spazio e della ricettività. Qui è più facile non perdere la presenza perché gli stimoli sono più morbidi, continui e prevedibili.

Per rendere un po’ più concreto questo discorso, prova a fare questo piccolo esercizio.

Prova ad attraversare le stanze di casa tua come se fossi un cameraman e stessi girando un film facendo un’unica ripresa. Hai la telecamera in spalla. Anzi no, ce l’hai in testa. In realtà i tuoi occhi sono l’obiettivo della telecamera.

Non puoi pensare, perché questo bloccherebbe il flusso delle percezioni in arrivo, ma soprattutto la registrazione. Ogni volta che pensi, interrompi la registrazione.
Se continui ad interrompere e tagliare le scene, poi per forza ti toccherà affidarti al montatore..

Alla mente piace disfare, per poi cercare di rimettere insieme i pezzi.

Fai finta di girare un film con un unico piano sequenza. Immagina di essere una steadycam, e di poter quasi fluttuare nello spazio. Utilizza le gambe, i piedi e il contatto col pavimento per ricreare questo movimento dolce e fluido.

 

La continuità della percezione alimenta la continuità della presenza. Il movimento fluido, continuo, anziché spezzato ed interrotto, amplifica la sensazione di essere un corpo fisico, che si muove nello spazio fisico.

Stai particolarmente vigile quando attraversi le porte. Di solito non ne siamo per niente consapevoli. Ma ora stai registrando una scena molto lunga, senza interruzioni.

Il tuo essere presente, senza l’interferenza della mente, corrisponde a quando è attiva la spia rossa “recording”. Quando la registrazione è in stop, e la puoi scorrere in avanti ed indietro per controllarla con fast forward e rewind, lì è quando riattivi la mente, che può muoversi nel passato e nel futuro.

Dopo aver esplorato un po’ lo spazio in questa maniera, prova ad aggiungere qualche semplice azione, sempre fluendo in continuità.

Entra in camera da letto, apri la portiera dell’armadio, e fai una carrellata sui vestiti. Esplora i cassetti, e scorri sopra gli altri oggetti presenti nella stanza, come farebbe lo sguardo di una cinepresa.
Non c’è bisogno di effettuare nessun taglio, nessuna interruzione. Nessun nastro da sostituire, né batteria da ricaricare.
Assorbi questa percezione continua come se fosse nutrimento per il corpo. E’ la continuità, che dopo un po’ ti ritorna come intensità, energia, stabilità. I sensi si acuiscono, sembrano assorbire più dettagli, più luce.

Tutto comincia a diventare più ricco e luminoso. Gli angoli di casa esplorati così, cominciano a restituire impressioni che soddisfano i sensi e si traducono in maggiore consapevolezza di sé nello spazio.

L’anima è il regista.

Il corpo è la telecamera.

La mente è il montatore.

La mente ( il montatore) interrompe. Spezza. Taglia. Collega. Mette insieme. Aggiusta. Accorcia. Allunga. Si sposta avanti e indietro nel tempo con la moviola. Raffina. Rifinisce. Perfeziona.

L’anima (il regista) prende la sceneggiatura, il piano divino, e lo immagina. Lo visualizza, in forma di storyboard, come un grande scenario. Come una vita prima di essere vissuta.

Prepara e definisce tutto ciò che succederà, aspettandosi però sempre anche un certo margine di variazione.

Il corpo (la telecamera) registra il piano messo in atto dall’anima, secondo le indicazioni da lei suggerite.

Per mantenere la continuità è necessario che la mente non interrompa la registrazione. Si deve permettere ai sensi e alle impressioni che arrivano dallo spazio reale di intensificarsi.

Non c’è bisogno delle parole, visto che questo film non ha dialoghi. E il corpo ha già ricevuto le istruzioni necessarie dall’anima. Sa intuitivamente cosa deve fare.

Quello che la mente fa di solito quando ti sposti da una stanza all’altra è di attivarsi e disattivarsi in continuazione, come se spezzasse il flusso (e quindi l’intensità delle tue percezioni) in tanti piccoli pezzi.

Sempre usando il linguaggio del cinema, a seconda sia delle necessità dell’anima che degli ostacoli e degli imprevisti che emergono durante le riprese, il montatore (la mente), si occupa di ricostruire e di montare assieme ciò che il corpo registra in tempo reale, sotto la supervisione dell’anima, in modo da dare un senso compiuto al film finito (la vita).
Oppure di rovinare il risultato con un montaggio mediocre, sotto pressione della casa di produzione! (Le tentazioni materiali).

Vuoi che la tua vita sembri un B-Movie hollywoodiano da pochi spicci o diventi un capolavoro del cinema d’autore (tipo Stalker)?

Vuoi dare più spazio al montaggio frenetico della mente, oppure alle impressioni poetiche e sublimi dell’anima?

A te la scelta.

(-598)

Paolo Adel Danese

La presenza nel qui ed ora, gli obiettivi nel futuro

L'evento

Come conciliare lo stare nel qui ed ora, con un obiettivo proiettato nel futuro?
Spesso sentiamo parlare di vivere nel presente. Ma com’è che riusciamo poi a costruire, modellare la nostra vita se non proiettiamo intenzioni, progetti, visioni, azioni concrete nel futuro, che secondo i grandi saggi, come il passato, in realtà non esiste?

Io ho sempre avuto problemi con le agende e la pianificazione del tempo.

Il mio insegnante di Reiki, una volta, chiese al gruppo dei presenti se usassero il calendario o l’agenda per pianificare la loro vita. Bene o male tutti risposero affermativamente. Io dentro di me mi sentivo la pecora nera, ma ho preso la parola e detto che io no, non lo facevo. Mi ha risposto: “Bravo!”
Sono rimasto un po’ interdetto, e lo sono ancora. Perché il fatto di non pianificare l’ho sempre vissuto come una debolezza, più che come una virtù.

Un agenda piena, fitta di impegni ed orari mi fa paura.

Certo, da una parte c’è la libertà. Ma dall’altra c’è una forma di inerzia che fa dipendere quello che ti succede nella vita, non da quello che tu programmi, ma da quello che ti arriva spontaneamente e senza fare la fatica di andartelo a prendere.

Il cosiddetto stare nel flusso. Non è che in realtà significhi “non ho la forza, la volontà o il coraggio di muovere le mie pedine sullo scacchiere della vita in divenire, che è il futuro, perciò lascio che lo faccia qualcun’altro al posto mio?

Sono domande che mi sono spesso posto e che continuo a pormi.

C’è un modo per conciliare il vivere nel momento e il creare costruttivamente la propria dimensione di vita?

Il futuro non è altro che la terra su cui piantiamo i nostri semi (in forma di intenzioni, idee, propositi, obiettivi, traguardi).

 

 

Quali semi lanciamo dipende da chi fa il contadino. Se è l’Anima a guidare la semina, allora la mente si occuperà di ciò che sa fare meglio, cioè strutturare, misurare, quantificare, pianificare una strategia per portare il processo creativo dall’idea al progetto concreto.

Perché come abbiamo già detto in un post precedente, la mente non esiste. E se anche il futuro non esiste, allora quello è il territorio in cui la mente eccelle!

Però se non c’è l’Anima a guidare la mano che semina, la mente si occuperà di tutto, prendendo spunto dai meccanismi e dalle abitudini che conosce già, riproponendo i loop e le dinamiche già note.

Quello che possiamo fare, ora, in prospettiva dell’evento futuro è di sentire, sentirci già nella presenza totale con tutte le nostre fibre, con tutto il nostro Essere, come se stessimo già vivendo in quello stato.

Nel caso dell’Evento, non è ancora ben chiaro cosa il mondo raccoglierà quel giorno.
Ma noi abbiamo deciso di piantare il seme della presenza, ora, con l’intento che metta radici e che il 26 Agosto 2026 sia diventato nel frattempo una bella piantina rigogliosa.

 

(-672)

Paolo Adel Danese

La presenza

L'evento

La presenza è la cosa più importante che possiamo coltivare qui, ora.

E’ il tassello fondamentale per raggiungere quello stato della coscienza che viene denominato Risveglio.

Con tutti i contrasti, le difficoltà e le sfide che affrontiamo ogni giorno, non resta molto tempo per guardarsi allo specchio e chiedersi: Io chi sono? Esisto veramente? Mi sento esistere? Cosa sto facendo per sentirmi vivo ogni giorno un poco di più?

Ecco, se vogliamo dare una definizione alla “presenza”, dovremmo soffermarci sul semplice atto di auto-osservarci.

Guardare verso di sé, invece che fuori di sé. Sentire di esserci, di esistere, prima di proiettarci nella realtà che sta fuori di noi, nella dimenticanza di noi stessi.

 

La presenza

 

Il grosso problema è che ci identifichiamo con tutto ciò da cui i nostri sensi vengono attirati. Crediamo di sentirci vivi quando il nostro corpo reagisce a qualcosa di esterno, al punto da farci diventare letteralmente quella cosa.
Ci identifichiamo con le emozioni che ci abitano. Crediamo di sentirci vivi perché ci emozioniamo talmente tanto da arrivare a “perdere la testa”.

Ci identifichiamo con le idee e i pensieri che prendono forma nella nostra mente. Progetti falliscono e vengono dimenticati con la stessa rapidità con cui riceviamo le idee che li generano.

Il mondo fuori è uno spacciatore di droga per i nostri sensi che ci allieta, ci irrita, ci calma, ci fa perdere il controllo, ci fa odiare, amare, tirandoci da tutte le parti senza mai darci tregua.

E la testa ama metterci del suo e complicare ancora di più il tutto.

Tu vivi o credi di vivere?

Guardati intorno.

Il mondo è pieno di morti che credono di essere vivi.

Tu lo senti che esisti?

Dove sta il tuo centro, il tuo Essere, il tuo vero “Io”.

Chi dice “Io”, quando le tue labbra iniziano a pronunciare una frase?

Chi guarda fuori dagli occhi-finestre e rimane ammaliato e sgomento dal mondo, che un giorno ti fa innamorare e l’altro impazzire?

Dobbiamo cominciare ora, subito, ad osservarci esistere.

La mente diventa ciò che pensa, e di conseguenza, se ci identifichiamo con la mente, noi diventiamo ciò che pensiamo. E non possiamo fare altrimenti, perché fino ad ora siamo stati abituati così.

Aspetta un attimo, io ho anche un corpo, c’è dell’altro, non sono mica solo una testa…

Ma quando pensi, ti accorgi di avere un corpo? Sei consapevole della posizione che mantieni nello spazio quando la mente ti trascina nel suo flusso incessante di considerazioni, preoccupazioni, collegamenti casuali, giudizi, insinuazioni?

No.

Come può la mente giocarci questo brutto tiro?
Lo fa perché semplicemente non esiste.

La mente ci allontana dalla Vita ogni qualvolta le permettiamo di correre a briglie sciolte. E questo accade un numero incalcolabile di volte ogni giorno, ora, minuto, secondo.

E in verità quando ci sembra di vivere, di emozionarci, di essere nell’azione, che ci sembra di non pensare, perché magari siamo impegnati in qualcosa che ci appassiona e ci stimola talmente tanto che ci sembra che la testa si spenga….
Non ci siamo neppure lì. No, perché passiamo dall’identificarci con il pensiero ad un’altra forma di identificazione, le emozioni.

Ci siamo, siamo presenti? Magari ci sembra di essere più vivi, più euforici, ma è un qualcosa fuori che ci attrae come dei magneti e ci fa vibrare ad alta intensità finché ne siamo agganciati, e che poi ci fa cadere a terra quando non ce l’abbiamo più a disposizione, con tutte le conseguenze emotive del caso.
Dov’eravamo in quegli attimi di intensità emotiva? Cos’eravamo?

E’ come con i walkie talkie con cui giocavamo da piccoli. O parli o ascolti.
O ascolti la mente (e ti isoli dalla percezione del mondo), o ascolti il mondo (e ti allontani dalla percezione di te stesso, identificandoti con quello che entra in risonanza positiva o negativa con te là fuori).
Finché viviamo in stand-by, funzioniamo così. Finché non ci identifichiamo con il nostro Essere, la nostra Anima, la mente ne usurpa il trono che dovrebbe occupare di diritto, ma siccome la mente non esiste, ogni qualvolta la ascoltiamo, ci identifichiamo con essa e smettiamo di esistere pure noi!

La mente è irreale. Il mondo esteriore è irreale (nella misura in cui è il prodotto delle proiezioni di una mente altrettanto non reale).
Il corpo è reale. E la presenza passa necessariamente dall’osservazione di ciò che di vero possediamo.
Finché non si prende consapevolezza di esserci, di esistere, non si vive veramente.

E’ una cosa difficile da mettere in pratica. Ma è la cosa più importante che possiamo iniziare a fare ora, se vogliamo essere pronti, vigili per l’Evento che verrà.
La cosa più importante che possiamo fare per prepararci, è di cominciare ad accorgerci di esistere.
Di essere qui, ora, con un apparato psicofisico che agisce ancora in maniera automatica.
Con la mente che sfrutta le debolezze del corpo per manipolarci, ricattarci, fare i capricci. Proprio non ne vuole sapere di sottostare alla nostra volontà di Anime immortali.

Il corpo si stanca, si ammala, desidera, si attacca a dipendenze di ogni tipo.

Ci sono infiniti modi con cui il corpo e la mente ci distraggono dallo stato che dovrebbe essere naturale, che è quello di essere presenti a noi stessi, qui, ora.

 

 

Ti sei mai osservato allo specchio senza lo specchio?

Devi percepire di esistere, tutto qua. E non puoi farlo mentre pensi, perché la mente non esiste. Se ti identifichi con la mente, ti identifichi con qualcosa che non esiste.
Assurdo vero? Ma è proprio così.
Non la puoi sentire la mente. La senti parlare, ma non la puoi sentire esistere. C’è, ma non la percepisci.
Ogni volta che la mente pensa, è come se la realtà andasse in stand-by.

Se sei uno che pensa continuamente, stai passando la maggior parte del tempo ad ascoltare e a farti guidare da una cosa che non esiste.

Ma allora cosa significa accorgersi di esistere?
Vuol dire rendersi conto di avere un corpo fisico che interagisce con un mondo altrettanto fisico. (che in realtà il mondo fisico sia fatto di energia e vibrazione è un’altro paio di maniche. La consapevolezza corporea di esserci necessariamente ti richiede di sospendere l’idea che la materia sia un illusione. In poche parole, devi “credere” nell’illusione quel tanto che serve per poterla trascendere.

Il corpo fisico è la nostra “messa a terra” nella dimensione materiale. Quello che siamo aldilà della dimensione materiale fa fatica ad esprimersi in modo efficace finché questa nostra messa a terra, il nostro corpo fisico, si ribella alla volontà dell’Anima e non agisce in accordo con essa.

Tutto ciò che l’Anima può fare all’inizio per recuperare il dominio, è farsi strada tra gli impulsi del corpo e il dialogo incessante della mente e posizionarsi nel mezzo come osservatore silenzioso.

Questo attiva un circuito, che all’inizio è debole, faticoso da mantenere anche solo per qualche istante, ma dopo che inizia a diventare una forma di consapevolezza corporea, provoca una rivitalizzazione, una riconnessione alla fonte energetica della Vita, attraverso il cuore.

La presenza, messa in atto dall’osservatore silenzioso – l’Anima – è la parte mancante del circuito.

Finché manca questa componente, è come se il circuito funzionasse in modalità stand-by. “Come se” funzionasse.

Una volta inserito il vecchio-nuovo componente, il sistema inizia a brillare veramente per la prima volta. Comincia ad emettere luce, energia, calore invece di doverla assorbire da fuori. Non è più una lampadina attaccata in serie ad una batteria.
No, è una lampadina che produce energia in maniera autonoma, perché è collegata direttamente alla fonte, alla Vita. Non ha bisogno di collegamenti, cavi, batterie, trasformatori, centrali. Anzi, produce persino energia in eccesso che può donare e condividere con gli altri, o utilizzare per concretizzare nel mondo progetti nuovi ed ispirati.

C’è molto di più del mondo fisico, è vero, ma all’atto pratico in questo momento è più urgente il sentirsi esistere qui, nella materia.

Finché c’è un mondo fisico, noi abbiamo un corpo fisico, che ci serve per essere ed agire a questo livello di realtà.

Se sbilanciamo la nostra attenzione, il nostro focus verso il mondo immateriale, l’aldilà, non facciamo altro che rimandare il momento in cui ci verrà richiesto di diventare presenti e consapevoli anche nell’aldiquà, magari complicandoci ulteriormente la vita in uno spazio-tempo più stressante di quello attuale. Meglio di no!

E se non iniziamo a mettere in pratica lo sforzo in un momento di calma relativa, sarà molto più difficile farlo nel pieno della tempesta.

E’ una cosa che dobbiamo fare ORA. E’ una cosa che dobbiamo fare prima di tutto il resto.
E’ LA priorità.

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Paolo Adel Danese